“Lavorare: futuro prossimo o trapassato remoto?” Si è conclusa ieri sera, con il terzo tema della serie di incontri dedicati a “Prove di futuro”, l’interessante simposio organizzato dalla Fondazione Kambo, coordinata dal Presidente Daniela Bianchi, un modo intelligente di ragionare sulle prospettive future del nostro territorio partendo da tematiche apparentemente banali: Mangiare, Sognare, Lavorare.
Ospiti della serata conclusiva l’economista Sandro Trento, le “voci” della Videocolor Fabiola Celani e Armando Petitti, incalzati dalle domande di Massimo Pizzuti e Alessandro Cardamone.
Partendo proprio dalla vicenda Videocolor, due dei protagonisti raccontano la passione per il proprio lavoro all’interno di una grande azienda del territorio, i sogni andati delusi e le speranze di un futuro migliore frustrate da una classe politica inadeguata e vittime della globalizzazione.
Dice Fabiola Celani: “Un lavoro che mi piaceva, che mi impegnava a migliorare, che mi ha fatto crescere e guardare al futuro. Sono nata in questa terra dove mi sono laureata e dove ho scelto di costruire una famiglia. Ma oggi non posso più contribuire a migliorarla. Una terra di cui sono e voglio essere orgogliosa e che non voglio veder morire come questa grande famiglia che è stata la Videocolor”.
Le fa eco Armando Petitti: “Questa fabbrica ha rappresentato certezza di un presente e di un futuro per tante famiglie come la mia. Oggi sono padre di un emigrante, mio figlio che ha avuto la possibilità di studiare grazie a questa fabbrica, deve però costruire la propria vita in un’altra nazione per vivere le stesse mie opportunità. In quegli anni era vivo l’orgoglio di appartenenza, eravamo fieri di costruire un futuro nella nostra terra. Oggi, purtroppo, facciamo autocritica e siamo consapevoli che anche alcune nostre scelte politiche hanno distrutto non solo la fierezza ma anche le nostre speranze.”
Ma qual è, allora, la ricetta capace di farci uscire dalla crisi, che ci regali certezza del futuro? “Il momento attuale è drammatico, le nostre certezze, vecchie di decenni, non sono più tali. Dobbiamo vivere questo momento come se uscissimo da una guerra”, spiega il professor Sandro Trento, frusinate da anni in giro per il mondo, attualmente titolare di una Cattedra all’Università di Trento.
Il cambiamento deve avvenire a tutti i livelli e deve partire da ognuno di noi: occorre avere una nuova visione del mondo, lavorare sulla formazione, l’innovazione. La causa del disastro non è solo della classe dirigente, ma anche dei cittadini comuni: servono obiettivi comuni, il “senso di appartenenza” e la capacità di valorizzare quanto di buono esiste nella nostra provincia.
Un’ultima considerazione del professor Trento: “Il motore del cambiamento devono essere i giovani: solo loro possono, e devono, pretendere un cambiamento radicale. Impegno, preparazione, voglia di crescere e di sacrificarsi: solo così possono scalzare dai posti di comando politici e imprenditori che hanno fatto il loro tempo, anche con maniere un pò rudi, come se questo fosse un nuovo ’68: non è un caso se la classe dirigente italiana è la più vecchia del mondo.”
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