Una riflessione…
Femminicidio, violenza e raggiro nei confronti delle donne sono episodi sempre più frequenti che colorano di nero, di lutto la cronaca nazionale e internazionale.
E subito si solleva un coro, a quanto pare intonato, di chi, dopo una doverosa commiserazione, nella presunzione e nell’ignoranza saccente, è sempre pronto a esprimersi con un senso di superiorità connaturato all’ingenuità, se non addirittura alla stupidità: le vittime sono tutte donne deboli, che si sono lasciate abbindolare candidamente da qualcuno, i cui intenti criminosi non potevano non essere evidenti sin dal primo momento, sin dal primo contatto con la propria preda. Eh sì, proprio una preda, allo stesso modo di un trofeo da conquistare sull’arena di un anfiteatro antico, in cui uomini e bestie feroci erano scambievolmente gli uni il carnefice degli altri. Be’, una conclusione fin troppo grossolana e facile per chi non ha l’umiltà di andare a sollevare il velo dell’apparenza. Così, oltre alla violenza subita, si aggiunge anche un depotenziamento psicologico, un’assenza di discernimento e di prudenza, che designerebbe un bersaglio fin troppo a portata di mano. Corre l’obbligo di partire proprio da qui, per scardinare quel convincimento che si è fortemente radicato nelle coscienze e nelle menti sulle fragilità femminili, diventate un cliché, addirittura necessario a definire un quadro, come ingrediente essenziale, una malta che fa da collante a infiniti e oscuri tasselli che restituiscono sempre un’immagine inaccettabile. Perché sono tante le debolezze che si attribuiscono al mondo femminile, in primis quella di poter essere destinataria del sentimento, dell’affetto, dell’amore e, perché no, anche della passione coinvolgente da parte di chi le sta accanto, per rendere concreto un messaggio che arriva forte e chiaro attraverso i secoli: la pienezza, la soddisfazione, la felicità, l’esistenza nella sua totalità non sono tali se non onestamente condivise. E quale sarebbe, allora, la fragilità? Quella di considerare autentico un gesto, pianificato in modo subdolo per colpire più velenoso? Quella di accogliere come un dono una carezza, un bacio, un abbraccio, senza pensare che dietro di essi si nasconda il luccichio di una lama affilata, la forza di un calcio sferrato brutalmente a tradimento? Quella di non aver riconosciuto la cattiveria e l’abominio che si celano dietro sguardi senza fondo, perché sono sensazioni che non le appartengono? Perché si è portate a valutare il prossimo e le sue azioni in base ai propri criteri di giudizio, dettati magari dal cuore e dall’educazione ricevuta, e non in base a quelli di chi si alimenta del male e lo realizza? E allora verrebbe da pensare che fragili sono tutti coloro che intrecciano i momenti e i passi con chi ha categorie etiche diverse dalle proprie e narcisisticamente prevaricanti. Che probabilmente bisogna sentirsi fortunati se non ci si è mai imbattuti in tali soggetti, che individuano un obiettivo potenziale, che con le loro tattiche e strategie malvagie si insinuano negli angoli più delicati dell’anima per lacerarla, fino a distruggere ciò che le dà vita, nel macabro gioco mors tua, vita mea. Un fenomeno trasversalmente dilagante, la cui traiettoria non è affatto univoca, verso una determinata tipologia di donna semplice, umile, sottomessa, debole, di scarsa scolarizzazione. Anzi! Sono proprio l’intelligenza, la sensibilità, la cultura femminile l’arma dall’efficacia impareggiabile. E, quando dall’altro lato non si possiedono mezzi proporzionati a un tale universo, la violenza è l’unica risposta, lo sfondo di un copione dal finale già scritto. Ma poi ci sono vere eroine, coloro che, una volta smascherato il ricatto fisico o psicologico, non si sono piegate, hanno urlato la loro ribellione, percepita all’esterno come un sussurro troppo flebile per attirare l’attenzione, ma precisamente decifrato e deliberatamente ignorato, un sussurro che, tuttavia, ha avuto il potere di ritagliare intorno a loro il silenzio, la solitudine, l’abbandono, l’annullamento, in una dimensione in cui da sole ci relega nel bozzolo di una crisalide, ci si colpevolizza, si prova vergogna per essere state se stesse. Donne vittime… in uno scontro impari. E quando sono altre donne a prestare il fianco alla violenza maschile, a tessere una vischiosa tela di menzogne e passi falsi, verrebbe davvero da perdere la speranza! E invece ci sono donne che, lottando e mettendo a rischio quello che sono e quello che hanno, ingoiando bocconi amari e sguardi che si voltano dall’altro lato, animate da coraggio e rispetto di se stesse, trionfano, pur con numerose cicatrici addosso. Un modello prezioso. Poche, purtroppo! Raccolgono i pezzi caduti nella lotta contro il male, li rimettono insieme, restituiscono vita e ancora più forza alla propria persona.
Un sussurro flebile che non deve essere taciuto, che nel suo percorso muto per non essere ignorato incontrerà e si salderà con altri sussurri flebili trascurati, per trasformarsi in un urlo assordante per chi ancora si tappa le orecchie e volge gli occhi altrove dal bozzolo da cui una farfalla spiccherà libera il volo.
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